PJL-39

INTERVIEW WITH GUIDO SCARABOTTOLO

DISEGNARE con il PENSIERO

Perini Journal

 

Un'immagine può comunicare più di mille parole. Un'illustrazione poi ha un vantaggio in più rispetto a una descrizione verbale o a una fotografia: di far vedere cose che potrebbero non esistere, di sintetizzare e render comprensibili pensieri complessi, di esprimere concetti rendendoli accessibili anche a chi pratica idiomi differenti. L'abilità di disegnare è una qualità utile ma non sufficiente: spesso abbiamo visto disegni pregevoli dal punto di vista accademico che ci lasciano del tutto indifferenti, mentre il disegno di un bimbo, magari approssimativo o sproporzionato ma istintivo, ci ha fatto sorridere, procurandoci una piccola emozione. Per indagare su questi "segreti" dell'illustrazione, siamo andati a trovare uno dei più importanti illustratori italiani, Guido Scarabottolo, che col suo prezioso lavoro ci aiuta, da oltre vent'anni, a presentare, sul Perini Journal, argomenti "immateriali" spesso complessi, rendendoli più leggeri e "digeribili". Una persona che parla piano ma pensa forte.

 

Guido Scarabottolo è nato a Sesto San Giovanni nel 1947. Laureato in architettura presso il Politecnico di Milano con una tesi di pianificazione urbana, dopo una breve esperienza presso uno studio di urbanistica, è entrato a far parte, nel 1973, dell'Arcoquattro, un gruppo di giovani architetti attivo nel campo della grafica e degli allestimenti. Da allora ha lavorato per i più noti editori italiani, la RAI, le principali agenzie di pubblicità e le maggiori aziende nazionali.Attualmente i suoi disegni appaiono regolarmente su Internazionale e sul domenicale del Sole24Ore. Dal 2002 disegna le copertine per le edizioni Guanda di cui cura integralmente la veste grafica. Ai suoi lavori sono state dedicate numerose mostre in Italia e all'estero. Tra le più recenti: Tempo perso, presso la Galleria L'Affiche di Milano, Altro tempo perso alla D406 di Modena, Undici disegni a caso e una storia alla fondazione Querini Stampalia di Venezia, Pinacoteca Portatile a Givigliana (Udine), Sketchbook Obsessions, una collettiva nella sede del New York Times, Desenhar desenhos a Macau, Elogio della pigrizia a Cremona e Ferrara e Sotto le copertine a Parma e Castiglioncello. Vive e lavora a Milano.

 

Che mestiere è quello dell'illustratore? Come si potrebbe "raccontarlo" a chi è abituato a vedere il risultato finale del suo lavoro sulle pagine di un giornale, sulla copertina o nelle pagine di un libro?

Tra giornali e libri c'è differenza.Storicamente il mestiere dell'illustratore è quello di rendere "brillante" un testo, di attrarre l'attenzione del lettore. Ci possono essere diversi modi per farlo. Per esempio, se il testo è di tipo manualistico, l'illustrazione è didascalica. Ma il modo di fare illlustrazione in cui mi riconosco consiste nell'affrontare il tema del testo in modo autonomo, suggerendo altre interpretazioni della notizia, magari anche attraverso l'ironia. Un po' come se l'illustrazione fosse l'intervento in un dibattito. Per i libri è diverso. La copertina è una componente importante per la vendita del libro. Scrittore, editore e illustratore possono essere considerati un'equipe che collabora al lavoro complessivo. Ogni figura interviene nell'ambito delle sue competenze per meglio definire l'immagine del prodotto finale. Naturalmente la stessa cosa succede per la definizione di tutti gli elementi di comunicazione (manifesti, pagine di pubblicità, brochure...) che fanno parte di un'operazione ampia e complessa. Anche in questo tipo di lavoro cerco di metterci qualcosa di mio, di personale, sempre nel rispetto dei gusti e delle competenze dell'autore e dell'editore.

 

Come si diventa illustratore? Certamente è necessario avere una qualche dimestichezza col disegno... Ma cos'altro occorre?

Non ci sono, o almeno non esistevano quando io ho cominciato, dei percorsi particolari. Ci sono scuole... ma, come in tutti i mestieri, da sole non possono garantire l'acquisizione di una professionalità che si basa necessariamente su tratti molto personali. L'aspetto tecnico conta molto poco: a volte può essere di ostacolo. Occorre una buona infarinatura culturale. Bisogna poter capire il testo che devi illustrare: certi articoli di filosofia della scienza del Sole24Ore o certe trattazioni sulla sicurezza aziendale del Perini Journal non sono pane per tutti. Occorre un po' di allenamento a tradurre in immagini dei ragionamenti in modo possibilmente non banale. Anche se a volte la banalità aiuta a rendere più comprensibile il messaggio. Avevo scelto di fare architettura perché la consideravo una delle facoltà meno specialistiche per uno che ha voglia di disegnare. Una formazione più specialistica come l'accademia d'arte mi spaventava. A me piacciono tutte le forme di rappresentazione popolare che sono un po' dilettantesche perché, prescindendo dai canoni, riescono a essere più libere dal punto di vista espressivo. Sono passato attraverso diversi modi di lavorare cercando via via di selezionare quelli più vicini alle mie inclinazioni: una forma di apprendistato a pagamento. Un grande aiuto nella mia crescita professionale l'ho avuto lavorando per organizzazioni umanitarie o per riviste culturali. Non essendo remunerato economicamente ho potuto godere di tutta la libertà di espressione e di ricerca necessarie a maturare.

 

La sua produzione fissa, tra le 100 copertine all'anno per l'editore Guanda e le illustrazioni per l'inserto culturale della domenica del SOLE24ORE è decisamente impegnativa. Ogni lavoro comporta un' analisi, un'elaborazione e una risposta...Per la casa editrice Guanda ho un doppio ruolo: sono art director e illustratore quindi seguo un po' tutto l'iter di gestazione del libro che è molto più complesso di quanto non possa sembrare. Non si tratta solo di un lavoro creativo. Le copertine, in buona parte realizzate da me o di cui affido il compito dell'illustrazione ad altri, vengono realizzate con almeno sei mesi d'anticipo sull'uscita del libro. Oltre al lavoro di squadra con editore e autore, di cui si diceva prima, la copertina viene sottoposta ai librai ai quali sarà affidata la vendita. Il parere dei diversi attori può portare a delle modifiche del titolo o dell'illustrazione. È un lavoro lungo e non sempre lineare. Mi è capitato per una copertina a mio parere modesta di ricevere i complimenti da parte di un premio Nobel irlandese e di faticare parecchio per trovare soluzioni (un sacco di rifacimenti!) che potessero essere accettate da un premio Nobel italiano che, alla fine, ha preferito utilizzare un suo disegno. Non leggo i libri di cui debbo fare la copertina. In genere è sufficiente un riassunto che viene redatto da esperti che valutano la qualità letteraria dello scritto e da quello traggo ispirazione per l'illustrazione. Il meccanismo di traduzione dei contenuti in una immagine è un'alchimia che non sono in grado di descrivere. In genere cerco di leggere il riassunto del libro la sera, ci dormo sopra lasciando che l'inconscio lavori per me e il mattino dopo cerco di raccogliere i risultati. Per il domenicale di cultura del Sole24Ore i ritmi sono diversi. I tempi a disposizione per realizzare l'illustrazione sono uno o due giorni al massimo. Mi mandano un articolo o un breve sunto di un libro che deve essere recensito e io su quello lavoro. La differenza tra lavorare con giornali italiani e americani tipo il New York Times, col quale collaboro saltuariamente, sta nel fatto che questi ultimi sono molto più esigenti: richiedono 2-3 diverse proposte e su quella scelta magari suggeriscono modifiche. Sono molto professionali. Nel caso dei giornali italiani non sempre si ha a che fare con art director ma con redattori che non hanno una formazione specifica rispetto all'immagine. In questi casi mi capita d'irrigidirmi un po' su richieste di modifiche che non condivido.

 

Oltre agli impegni fissi che abbiamo citato quali sono le altre richieste di intervento che ha?

Nel passato recente ho curato l'immagine del Salone del Mobile di Milano; per una catena di librerie ho fatto dei disegni per pannelli da mettere nei punti vendita; manifesti per film. Ho curato l'immagine per le celebrazioni di Goldoni, e ho fatto i disegni per i manifesti dell'ultimo carnevale di Venezia. Manifesti per il festival di teatro di Atene ed Epidauro. L'immagine del Festival della letteratura contro le mafie a Lamezia Terme. Illustrazioni per un grande magazzino di Tokio che vende attrezzatura domestica e prodotti europei d'eccellenza. Tramite un agente di New York ogni tanto ho richieste di illustrazioni per giornali e riviste. Ho fatto anche qualche libro per bambini.

 

Il suo rapporto con il PJL data da più di vent'anni. Gli argomenti sono spesso complessi e articolati: come arriva alle iillustrazioni che troviamo sul magazine?

Per fare dei buoni disegni conta molto il committente. Con gli interlocutori del PJL mi trovo bene perché mi lasciano ampi gradi di libertà. Proprio per questo, nonostante la specificità degli argomenti non mi sono ancora annoiato: mi diverto e il lavoro viene meglio.

 

Quali sono stati i suoi "maestri" nel campo dell'illustrazione?

Storicamente ho avuto diversi ispiratori che mi hanno aiutato a costruire pezzo per pezzo il mio modo di lavorare. Agli inizi Folon mi suggeriva l'idea che anche con un disegno rudimentale si possono fare buone cose. Poi Edelmann (l'autore di Yellow Submarine, n.d.r.) e il gruppo newyorkese Push Pin con Milton Glaser e Seymour Chwast che hanno influenzato in modo determinante sia la grafica che l'illustrazione dagli anni settanta in poi. Ma l'artista più importante per me è stato Saul Steinberg: ha inventato tutto. È stato come quei grandi esploratori dell'800 che hanno consentito di cambiare la visione del mondo. Io al suo confronto mi sento un turista dell'illustrazione.

 

Accanto alla sua professione di illustratore pratica anche un'attività di artista producendo disegni e sculture che sono state esposte in molte occasioni. Che relazione c'è tra le due attività?

Facendo questo lavoro che richiede una capacità di risposta veloce, c'è una necessità di non fossilizzarsi. E di restare riconoscibili. Questo implica un'attività di ricerca e di riflessione che nel mio caso si concretizza in lavori, diciamo, sperimentali. È per me uno spazio di divertimento, un'attività che non ho mai pensato di rendere produttiva economicamente. Tutte le ricerche formali che non trovano sbocco nell'attività di illustrazione possono essere utilizzate su quest'altro versante che considero ai confini dell'arte. Ci sono dei lavori di ricerca che restano anni chiusi nei cassetti senza che nessuno sappia che esistono. Per contro una serie di miei disegni segnalati dal New York Times sono rimasti molto tempo dal mio gallerista senza che nessuno se ne accorgesse.Le sculture in ferro sono prevalentemente bidimensionali: lamiere tagliate a partire da un disegno vettoriale. Queste forme diventano spesso la matrice per stampare monotipi, altre volte sono lasciate arrugginire su fogli di carta, dando origine a disegni sempre diversi. Trovo molto divertente questo iter: dal disegno alla scultura, dalla scultura a un nuovo disegno che ingloba le qualità della scultura.

 

Sappiamo che lei è molto legato a Topolò: ci può raccontare cosa succede in quel paese?

Topolò è un paese ai confini della Slovenia, sopra Cividale del Friuli. Il villaggio che era in via di spopolamento è stato rivitalizzato da Donatella Ruttar e Moreno Miorello con un "festival" di arte contemporanea (musica, cinema, poesia, arti visive...), che si tiene ormai da 18 anni, nelle prime settimane di luglio, cui partecipano con spirito anche giocoso e ironico artisti di tutto il mondo. All'interno di questa manifestazione, sulla scorta di un precedente esperimento che avevo fatto a Givigliana, ho proposto di istituire la Pinacoteca Universale di Topolò (PUT) che raccoglie copie dei capolavori della pittura, realizzati nel modo più semplice possibile, da chiunque abbia voglia di partecipare. Siamo già al terzo anno di questo esperimento e per ora abbiamo raccolto 150 opere. Tutte le informazioni a questo riguardo: www.put-topolo.org

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